mercoledì 14 agosto 2019

Carè Alto, Cresta Est (o Via Cerana)

Splendida ascensione alla stupenda vetta del Carè Alto, faticosa quanto remunerativa a livello ambientale e storico.
Sulle creste del Carè Alto correva infatti la linea del fronte durante la guerra del '15/'18 e la salita in vetta regala, oltre che una piacevole scalata, anche una completa visita ad un vero e proprio museo a cielo aperto della faticosa guerra che si combattè su queste montagne.

Accesso: Spiazzo (TN)
Tempo di percorrenza: 3.30 ore dal parcheggio al Rif. Carè Alto, 4.30 ore dal Rif. alla vetta
Dislivello: 1.200 m. dal parcheggio al Rif. Carè Alto, 1.000 m. dal Rif. alla vetta
Difficoltà: AD (pass. III)
Valutazione: ****


Dal paesino di Spiazzo si imbocca, in auto, una piccola stradina sulla sinistra (provenendo da Tione), che conduce verso Pian della Sega, dove si parcheggia comodamente.
Il sentiero che conduce dal parcheggio al Rifugio Carè Alto comincia qui, inizialmente su carrareccia, poi per faticosi gradoni.
Sono 1.200 metri di dislivello in salita decisamente ostici, una buona scusa per giustificare l'ottima cena servita dal Rifugio. Con passo allenato e sudando sette camice abbiamo impiegato 2 ore e mezza ad arrivare a destinazione, ma le tabelle segnano un tempo di percorrenza di 3.45 ore dal parcheggio.

La salita inizia, ovviamente, con la luce delle frontali, grazie alle quali, usciti dal Rifugio, seguiamo le indicazioni per la Bocchetta del Cannone, su sentiero sempre di faticosi gradoni.
Arriviamo alla Bocchetta che è ancora notte e non possiamo quindi fotografare il grosso cannone posto a difesa di questa piccola sella rocciosa.
Si procede ora a sinistra della cresta che si dipana dinanzi a noi, salendo per terreno costituito da grossi massi, fino a raggiungere le prime lingue di neve, ultime propaggini della Vedretta di Conca, ghiacciaio purtroppo in evidente crisi.

Prime luci dell'alba sulla Vedretta di Conca

La salita si fa ora più ripida e richiede l'utilizzo della picca e dei ramponi, grazie ai quali si raggiunge l'attacco della via, situato alle pendici della cresta, in corrispondenza di un evidente pinnacolo triangolare.


Un enorme asterisco di vernice sul bianco granito della parete indica a prova di tonto il punto esatto dell'attacco...
Guidati da tale ineffabile segnavia si scavalca abbastanza agevolmente la terminale e ci si prepara per la salita su una comoda cengia rocciosa.
In conserva si procede per circa 60 metri in diagonale verso sinistra, guadagnando la base di una caratteristica paretina solcata da grandi fessure, alla base della quale si può comodamente sostare su spuntoni.
Si risale ora la paretina facendo un tiro di corda di circa 30 metri, seguendo con l'arrampicata l'andamento delle fessure sovrastanti, abbastanza verticali ma ottimamente proteggibili (2/3 chiodi in loco, III/III+), fino a sbucare direttamente in cresta.

La paretina di III per raggiungere il filo di cresta

Da qui la progressione si fa più facile, anche se molto esposta, e si può andare in conserva.
La via procede praticamente sempre sul lato destro (viso a monte) della cresta, affrontando passaggi di II e III grado divertenti e molto ammanigliati.
Il punto più caratteristico della salita è un tratto affilato ed esposto di cresta dove occorre usare bene i piedi, al termine del quale si trova anche un ottimo anello d'acciaio per assicurare eventualmente un secondo di cordata.
Così procedendo si raggiunge un grosso cannone posto su di un basamento di cemento, per arrivare dopo poco ad un panoramico pulpito dal quale è ora visibile la vetta.

Bei passaggi esposti

Baracche della guerra in vista della vetta

Si scende lievemente per facili risalti e, superata una franosa crestina rocciosa, si affronta una ultima placchetta diagonale che conduce alla stupenda vetta del Carè Alto.


Il panorama, per la posizione della vetta, è chiaramente stupendo e spazia dall'Adamello ai vari gruppi delle Dolomiti.
Per la discesa si ripercorre ora l'ultimo tratto salito dalla crestina rocciosa, imboccando poi la via normale, ampiamente segnata da bolli di vernice rossa.

Vedretta di Lares

In corrispondenza di un pulpito roccioso è possibile effettuare una calata (attenzione però al terreno franoso) o procedere in conserva sulla sinistra del pulpito stesso, proseguendo per la via normale con facile disarrampicata sino ad individuare gli ancoraggi di calata (catena con anello) su una comoda cengia.
Da qui con una calata di 30 m è possibile raggiungere il ghiacciaio, la Vedretta di Lares. Poco sotto è anche presente una seconda catena che consente di fare due calate abbassandosi ancora di più sul ghiacciaio, inizialmente abbastanza ripido).
Raggiunto il ghiacciaio, in ogni caso, di scende attraversandolo verso la Sella del Niscli, dove questo termina.

In discesa lungo la Vedretta di Lares

Il sentiero prosegue ora per terreno detritico e pietroso, ottimamente segnalato da ometti, per il quale si scende lungamente, sino ad individuare, sulla destra (faccia a valle) un caratteristico ponte tibetano che consente di attraversare l'impetuoso torrente.
La traccia si fa ora più evidente e consente in circa 30 minuti, di tornare al Rifugio Carè Alto, dal quale si rientra quindi al parcheggio al Pian della Sega (contare circa 7/8 ore dalla vetta).
La salita è nel complesso molto remunerativa ma anche faticosa, considerando che, raggiunta la vetta, occorre affrontare ancora una lunga discesa di ben 2.200 metri per terreno non sempre agevole.
Considerare bene le condizioni meteo prima di partire e verificare l'eventuale presenza di neve sulla cresta, elemento che renderebbe la salita di maggiore impegno.

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